I brevetti di tipo farmaceutico rappresentano un’eccezione del tutto particolare nel mondo della proprietà industriale.
I professionisti della Dragotti & Associati hanno accumulato una notevole esperienza in questo specifico e delicato settore, avendo infatti avuto l’opportunità di redigere domande di brevetto per alcune delle principali realtà farmaceutiche italiane, quali ad esempio Archimica, Italfarmaco, Cosmo Pharmaceuticals, Dompé, Recordati, Sofar e Laboratori Baldacci.
Essi sono stati inoltre coinvolti, sia come consulenti tecnici di parte, sia come consulenti tecnici di ufficio, in numerose cause brevettuali aventi per oggetto farmaci di primaria importanza, quali ad esempio: acido alendronico (Fosamax), alirocumab (Praulent), atorvastatina (Torvast), cefaclor, citalopram (Celexa), docetaxel (Taxotere), enoxaparina (Lovenox), esomeprazolo (Nexium), everolimus (Linevero), fosfatidilserina, gabapentina (Neurontin), irbesartan+HCTZ (Co-Aprovel), latanoprost (Xalatan), olanzapina (Zyprexa), omega-3, omeprazolo (Omeprazen), montelukast (Singulair), natalizumab (Tysabri), quetiapina (Seroquel), ramipril, repaglinide (Novonorm), rupatadina, salmeterolo + fluticasone, sildenafil (Viagra), tadalafil (Cialis) e terbinafina (Lamisil).
I professionisti della Dragotti & Associati sono quindi in grado di fornire un’assistenza a 360°, supportando le aziende farmaceutiche sia nella fase preliminare di redazione della domanda di brevetto, sia quando il titolo brevettuale deve essere azionato contro eventuali contraffattori; analogamente, essi sono in grado di fornire pareri di non contraffazione ed assistere i propri clienti se attaccati per presunta violazione di un titolo brevettuale altrui.
Contrariamente a quanto accade negli altri settori tecnici, un’invenzione nel settore farmaceutico, quale un nuovo farmaco, non può essere sfruttata commercialmente senza l’autorizzazione di un ente regolatorio, come ad esempio l’AIFA in Italia oppure l’EMA a livello comunitario.
Per ottenere tale autorizzazione è normalmente necessario condurre studi clinici che possono durare diversi anni; per questo motivo, il titolare di un brevetto nel settore farmaceutico non può, nella maggior parte dei casi, godere dell’intera durata della tutela concessa da un brevetto, ovvero 20 anni dalla data di deposito della relativa domanda.
Per ovviare a questo problema, i legislatori hanno introdotto uno strumento che consente di prolungare la durata del brevetto per compensare il titolare degli anni di tutela persi nell’effettuare suddetti studi clinici; lo strumento in questione è il Certificato di Protezione Complementare, detto anche SPC[1], che è disciplinato dal Regolamento UE 469/2009, e che consente di prolungare fino a un massimo di 5 anni un brevetto che protegge il principo attivo di un medicinale, un processo di fabbricazione di tale principio attivo oppure un suo impiego in ambito farmaceutico.
[1] Dall’inglese Supplementary Protection Certificate
Sempre a livello comunitario, la Direttiva 2001/83CE ha introdotto un’ulteriore eccezione che, in buona sostanza, esclude la contraffazione per tutti quelle aziende che, ancora prima della scadenza di un brevetto altrui, compiano attività destinate all’ottenimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio per poter commercializzare un proprio farmaco, una volta scaduta la copertura brevettuale.
Tale eccezione è stata prontamente recepita nell’ordinamento italiano, dove l’Art 68(1)(b) CPI[2] stabilisce infatti che la facoltà esclusiva attribuita dal diritto di brevetto non si estende … agli studi e sperimentazioni diretti all’ottenimento, anche in paesi esteri, di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco ed ai conseguenti adempimenti pratici ivi compresi la preparazione e l’utilizzazione delle materie prime farmacologicamente attive a ciò strettamente necessarie.
Tuttavia, sia a livello italiano, sia comunitario, le sentenze aventi per oggetto l’interpretazione di questa norma sono ancora poche e discordanti tra loro; pertanto, prima di intraprendere un’eventuale attività di sperimentazione finalizzata all’ottenimento di un’autorizzazione ministeriale per la commercializzazione di un farmaco brevettato, è consigliabile svolgere un’approfondita valutazione preliminare dei possibili rischi che tale attività potrebbe comportare.
[2] Codice della Proprietà Industriale
Un’altra eccezione è rappresentata dalle rivendicazioni[3] di nuovo uso terapeutico. È infatti possibile brevettare l’utilizzo di un farmaco noto per un nuovo impiego terapeutico; tuttavia, per non ricadere nell’esclusione che, a livello europeo, proibisce di brevettare i metodi terapeutici o diagnostici praticati sul corpo umano o animale[4], tali rivendicazioni devono essere scritte secondo uno specifico formato, opportunamente disciplinato a livello normativo[5].
Sempre in tema di rivendicazioni, un’ulteriore peculiarità è rappresentata dai brevetti aventi per oggetto nuove sequenze di DNA oppure RNA o, alternativamente, un nuovo uso terapeutico delle stesse. Può infatti accadere che la lunghezza di tali sequenze sia tale da rendere impraticabile una riproduzione delle stesse su formato cartaceo (oppure .pdf), ovvero il formato abitualmente utilizzato per i brevetti tradizionali. In tal caso è quindi necessario avvalersi di appositi software, riconosciuti dai principali uffici brevetti nazionali e internazionali, che consentono di riprodurre e rendere intelligibili tali sequenze, limitando le dimensioni del documento brevettuale.
[3] Ovvero quella parte del brevetto che definisce i limiti dell’ambito di tutela
[4] Art. 53(c) della Convenzione del Brevetto Europeo
[5] Art. 54(5) della Convenzione del Brevetto Europeo