Selfmark, l’identità di una celebrità può essere un marchio?
Il marchio è un segno distintivo che può presentare più tipologie: marchio verbale, figurativo, sonoro, multimediale, di forma, di colore, di movimento, di posizione, a motivi ripetuti, ologramma o, ancora, marchio complesso.
La disciplina del marchio quindi tutela elementi individualizzanti e distintivi che possono essere anche molto differenti tra loro.
Negli ultimi anni è emersa addirittura una particolare categoria di marchi che cerca di tutelare la cosa più unica in assoluto, ovvero l’identità di una persona. Nel mondo delle celebrità, aspetto, gesti, modi di dire, perfino la loro stessa esistenza possono essere suscettibili di protezione come marchi che, sotto il profilo economico, possiedono magari potenziali notevoli, tanto che sono numerosi i personaggi famosi che ad oggi hanno registrato questa tipologia di marchio.
È in primo luogo possibile registrare come marchio simili caratteristiche di una persona? La disciplina vigente dice di sì, basandosi sulla percezione del pubblico e la sua capacità di di associare il segno in questione in modo inequivocabile alla corretta celebrità, senza possibilità di confondersi con altre personalità famose. Di conseguenza è stato possibile registrare come marchi:
- Nomi e cognomi oppure nomi d’arte: una delle celebrità tra i primi a tutelare la propria identità con un marchio è stata Madonna®, ma esistono anche marchi famosi del calibro di Elvis Presley®, Brigitte Bardot®, Britney Spears® o Lady Gaga®;
- Slogan: Paris Hilton possiede i diritti per il suo slogan That’s hot®, così come altre celebrità sono titolari di marchi per frasi che il pubblico inequivocabilmente associa alle loro personalità;
- Pose: Usain Bolt ha fatto richiesta di registrare come marchio la sua ben nota posa di vittoria con l’intenzione di utilizzarla come un pittogramma per una linea di abbigliamento sportivo;
- Servizi: Kim Kardashian® è un marchio della celebre attrice e modella statunitense per i suoi servizi di endorsment e di apparizione promozionale, così come i servizi di endorsment sono protetti dal marchio David Bowie®.
Per quanto riguarda tali marchi, si tratta chiaramente di diritti di esclusiva che solo i legittimi titolari, o terzi da questi ultimi autorizzati, possono utilizzare in ambito commerciale. Ciò non toglie che chiunque potrà imitare la posa di Bolt oppure utilizzare la figura di Elvis Presley purché ciò avvenga al solo scopo parodistico; Hallmark, invece, che nel 2007 utilizzò la frase That’s hot® su biglietti d’auguri, in cui lo slogan veniva addirittura associato al nome Paris, fu citato in giudizio proprio da Paris Hilton, anche se la vertenza poi sembra essersi conclusa con un accordo a favore di quest’ultima.
William McGeveran, professore all’Università di Legge del Minnesota, ha pubblicato un saggio nello Houston Law Review coniando un termine per questo fenomeno ovvero selfmark per distinguerlo dal trademark: nella sua relazione, McGeveran effettua una panoramica del fenomeno, evidenziandone i pregi, cioè la protezione di celebrità da un utilizzo improprio della propria personalità pubblica, ma anche i rischi legati ad un’interpretazione troppo rigida dei selfmark che limita la libertà di parola.
Il messaggio conclusivo del professore è quello di continuare a revisionare le leggi sulla proprietà intellettuale, specie in un’epoca come quella attuale in cui la società è in costante evoluzione: uno strumento come il selfmark può diventare, per esempio, un asset rilevante nella cultura degli streamer e degli influencer, se correttamente sviluppato.