Le possibili minacce online al marchio
Internet oggi è il canale di vendita per eccellenza, il cui tasso di sviluppo nel mondo è il più alto ed è vertiginosamente in crescita grazie all’abbattimento di frontiere e distanze associato all’immediatezza con cui le informazioni commerciali circolano in modo rapido, diffuso, efficace. La disciplina relativa alla tutela del marchio su Internet è ancora relativamente giovane, trattandosi di un contesto in continua evoluzione dal punto di vista normativo, sociale e imprenditoriale in cui s’innestano inesorabilmente anche emergenti problematiche legate a forme di contraffazione e violazione online dei marchi da cui l’azienda deve potersi proteggere.
I pericoli in cui i marchi delle aziende possono incorrere su Internet sono di diversa natura.
Tra le attività illegali a danno dei marchi più diffuse sul Web emergono in particolare il cybersquatting, il typosquatting e il brandjacking.
Il cybersquatting consiste nel registrare in mala fede o utilizzare un dominio web a scopo di lucro, per ricavare un guadagno economico da marchi registrati appartenenti ad altro soggetto. I cyber squatter ottengono la maggior parte dei propri guadagni rivendendo i domini, in genere a prezzo maggiorato, a coloro che detengono i diritti sui marchi sfruttati.
Nel typosquatting il cyber criminale registra un dominio con un piccolo errore ortografico (in inglese “typo”) nel nome rispetto al dominio originale, ed ha quindi la possibilità di creare un sito di phishing che può essere utilizzato per spingere l’utente a condividere dati personali, a scaricare software contenente malware (sviluppato con l’obiettivo di infettare computer o dispositivi mobile), a condividere informazioni dai contenuti potenzialmente lesivi all’identità del marchio che l’utente voleva inizialmente visitare.
Il brandjacking comprende invece una serie di violazioni e azioni illegali pertpetrate dal contrafattore, a partire dal furto del semplice dominio, al fine di assumere l’identità del marchio oggetto di attacco attraverso vari canali (siti internet o social network). L’obiettivo di chi effettua il brandjacking è quello di sfruttare la visibilità del brand “rubato” e di godere della sua “brand equity”.
In Italia il nome a domino utilizzato nell’attività economica vanta la medesima tutela degli altri segni distintivi.
Il titolare di un marchio che sia stato registrato quale nome a dominio ad uso commerciale in capo ad un terzo, può ricorrere all’azione giudiziale di rivendica prevista dall’art. 118 del Codice della Proprietà Industriale (CPI) dinnanzi al Tribunale competente, se la registrazione sia stata concessa in violazione dell’art. 22 CPI o richiesta in mala fede. Il legittimo titolare, in virtù dell’art. 118, può ottenere sia la revoca della titolarità del nome a dominio, sia il suo trasferimento.
L’art. 133 CPI, prevede che l’Autorità giudiziaria può disporre, in via cautelare, oltre all’inibitoria dell’uso nell’attività economica del nome a dominio illegittimamente registrato, anche il suo trasferimento provvisorio, subordinandolo, se ritenuto opportuno, alla prestazione di idonea cauzione da parte del beneficiario del provvedimento.
Per quanto riguarda le opzioni stragiudiziali, in Italia è stato istituito il Registro .IT, un’anagrafe dei domini italiani (.it, per l’appunto) che gestisce le pratiche relative alla loro assegnazione, contestazione e riassegnazione, permettendo così, qualora ne ricorrano gli estremi, di trasferire il dominio al legittimo avente diritto, come nel caso di azioni di cybersquatting e di typosquatting.
Posto che ogni tipologia di violazione dei marchi deve essere valutata caso per caso, lo studio Dragotti & Associati mette a disposizione delle aziende competenze professionali pluriennali adeguate a valutare e fronteggiare qualsiasi tipo di minaccia online, massimizzando la resa dei servizi e razionalizzando i costi.