La Proprietà Industriale: cos'è e com'è protetta
La Proprietà Industriale è l’insieme dei diritti che tutelano quegli asset immateriali, quali i segni distintivi e le innovazioni tecniche e di design, che permettono a un’attività di impresa di costruire una propria identità distintiva e un’offerta concorrenziale e di affermarsi così sul proprio mercato di riferimento.
La Proprietà Industriale cala nella realtà imprenditoriale anche i principi della Proprietà Intellettuale (tradizionalmente fondati sul diritto d’autore) al fine di proteggere i frutti dell’ingegno e assicurare, all’autore di essi, un adeguato ritorno sugli investimenti che sono stati necessari a produrli.
In molti Paesi, e secondo una tesi più moderna, non esisterebbe più una distinzione netta tra Proprietà Industriale e Proprietà Intellettuale e anche i diritti di natura “industriale” farebbero comunque capo alla disciplina della Proprietà Intellettuale (come nei Paesi anglosassoni dove si usa l’espressione Intellectual Property Rights).
In Italia la normativa di riferimento è quella contenuta nel D.Lgs. n. 30/2005, il cosiddetto Codice della Proprietà Industriale (CPI), che contiene tutte le norme inerenti a tutti i diritti della Proprietà Industriale, tra cui marchi e brevetti.
Il CPI precisa infatti all’Articolo 1 che “l’espressione proprietà industriale comprende marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, segreti commerciali e nuove varietà vegetali”.
L’Articolo 2, comma 1, specifica che “i diritti di proprietà industriale si acquistano mediante brevettazione, mediante registrazione o negli altri modi previsti dal presente codice. La brevettazione e la registrazione danno luogo ai titoli di proprietà industriale”.
Il CPI è stato redatto con gli obiettivi di riunire in un unico testo tutte le leggi relative alla Proprietà Industriale, di allineare l’Italia con le normative internazionali su marchi e brevetti, e di tutelare più puntualmente questi “asset immateriali”, prendendo atto che nel corso degli anni il valore che deriva da essi è cresciuto sensibilmente fino a diventare una parte rilevante del patrimonio aziendale.
L’Articolo 4, ad esempio, definisce il diritto di priorità di cui il titolare di un marchio o di un brevetto registrato in Italia gode qualora decidesse di estendere la sua validità in un altro Stato europeo o extra-EU, ripetendo la procedura con le modalità previste e presso gli uffici competenti; in questo modo, il titolare ha sufficiente tempo per valutare la sua strategia internazionale e decidere dove commercializzare i suoi prodotti o servizi.
Il Capo II del CPI disciplina, sezione per sezione, tutti i diritti di Proprietà Industriale indicati nell’elenco dell’art. 1, definendo l’oggetto e le modalità di registrazione, i requisiti, le condizioni e la durata della protezione.
Nello specifico, la prima sezione riguarda i marchi, la seconda le indicazioni geografiche, la terza i disegni e i modelli, la quarta le invenzioni, la 4bis le invenzioni biotecnologiche, la quinta i modelli di utilità, la sesta le topografie dei prodotti a semiconduttori, la settima i segreti commerciali e l’ottava le nuove varietà vegetali.
Gli articoli successivi, contenuti nel Capo III, invece, precisano gli strumenti giurisdizionali che tutelano i titolari di un diritto della Proprietà Industriale, indicando nel caso di un uso illecito di un diritto altrui (per esempio di un marchio o di un brevetto), le azioni, le sanzioni civili (come il sequestro e l’inibitoria) e i rimedi, come le possibilità per il titolare di ottenere il risarcimento del danno.
Grazie al CPI, gli imprenditori italiani possono tutelare efficacemente la propria capacità di innovare e la competitività sul mercato che ne deriva.