First to use e first to file sono importanti per chi vuole registrare un marchio?
Tutti i paesi del mondo hanno proprie leggi che organizzano e proteggono la proprietà intellettuale.
Nel crescente mercato globale, l’importante processo di armonizzazione delle leggi sulla proprietà intellettuale, in atto da anni e sostenuto da accordi, trattati e sistemi internazionali, mira ad abbattere barriere e ad incentivare il ravvicinamento delle legislazioni dei vari paesi per promuovere la libera circolazione di prodotti e servizi tanto quanto la libera concorrenza nel contesto dei mercati di riferimento.
Tuttavia vi sono differenze normative che permangono, a volte anche significative, e delle quali bisogna tenere conto se si vuole garantire al proprio marchio un’adeguata protezione nei paesi di interesse commerciale.
A mero titolo esemplificativo, si può osservare come negli Stati Uniti, al pari di altri Paesi di common law (Regno Unito, Canada), ma anche in India, Israele, Australia, Hong Kong e Singapore l’utilizzo del segno è alla base del sistema di tutela dei marchi. Vale infatti il principio del “first to use”, il che implica l’acquisizione della proprietà del marchio in capo a chi per primo lo abbia utilizzato. In altre parole l’uso dimostrato del marchio potrebbe comportare di per sé l’acquisizione della titolarità del diritto, impedendo possibili registrazioni successive di marchi simili e pertanto in grado di generare confusione per il consumatore.
Per converso, in Italia, nei paesi dell’Unione Europea, in Gran Bretagna, Cina, Giappone – solo per citarne alcuni – il criterio più largamente adottato ed applicato è quello del “first to file”, in forza del quale il diritto spetta a chi per primo registra il marchio, sebbene questo fosse già utilizzato da altri. Il grande pregio di questo approccio è che rende più facile amministrare la gestione dei marchi e risolvere i contenziosi, avendo a disposizione un criterio oggettivo, cioè la data di registrazione, che può essere utile se non risolutiva nello sciogliere eventuali controversie.
Esiste tuttavia il rovescio della medaglia, noto come “trademark squatting”, fenomeno particolarmente diffuso in Cina, ma non solo, dato dalla registrazione a livello nazionale di marchi non da parte dei legittimi proprietari bensì da parte di terzi che in tale modo impediscono ai primi di poter utilizzare i propri marchi, esercitando così un forte potere contrattuale sull’azienda che desidera espandersi in quel mercato e che potrà magari addirittura decidere di dover negoziare l’acquisto del marchio in questione.
Il trademark squatting in Cina ha toccato marchi forti come iPhone ® per cui l’azienda Apple ha perso l’esclusività dei diritti sul marchio che non ha potuto utilizzare nel paese.
Per prevenire e contrastare il fenomeno del trademark squatting, la Cina ha introdotto il requisito del c.d. “intent-to-use”: chi deposita una domanda di marchio deve avere l’intenzione di utilizzare effettivamente il marchio sul mercato cinese, altrimenti la domanda viene respinta, con buona pace di chi tenta di depositare domande di marchio in malafede.
A prescindere dalla specifica normativa, è innegabile che la registrazione del marchio rappresenti un fattore rilevante nella strategia commerciale di un’azienda. I professionisti dello studio Dragotti & Associati assistono il cliente prima, durante e dopo la registrazione di un marchio per valorizzare e tutelare la sua innovazione.